La fuga

Il giorno dopo venne un civile tedesco e ci condusse a piedi in un bosco dove c'erano delle baracche e dei prigionieri con una divisa a strisce bianche e blu (sapemmo poi che erano ebrei) ed a sorvegliarli c'erano le SS.
Sotto terra nel bosco dicevano che c'era una fabbrica che produceva la bomba “W due”. Noi eravamo addetti alla pulizia del bosco, al taglio di qualche pianta, ecc. Insomma facevamo poco o niente. Questa specie di lavoro durò circa una ventina di giorni. Eravamo così arrivati alla fine di marzo. Una sera, era il due aprile, me lo ricordo, al rientro vedo un manifesto, e mi fermo a leggerlo. Riportava l'ordine di Goebbels, datato trenta marzo, che esortava i tedeschi ad eliminare tutti i prigionieri, politici e militari. Avvertii subito i miei compagni di questo pericolo, e insieme decidemmo di non andare più al lavoro, di nasconderci in fabbrica durante il giorno e fare la guardia a turno di notte. Il mattino dopo, la strada che abitualmente facevamo era piena di soldati tedeschi in ritirata. C'erano gruppi di soldati a piedi, camion pieni zeppi di militari, un carro armato che ne trainava altri due affollati di soldati.
Per contro c'era una squadra di giovani in divisa nazista: ragazzi di 15-16 anni che cantavano. C'era anche una colonna di ebrei. Procedevano con fatica sollecitati da urla e percosse. A tratti s'udivano colpi di mitra, probabilmente sparati per uccidere in qualche fosso i più estenuati.
Noi questo lo osservavamo nascosti nella fabbrica.
Dopo questa visione decisi di scappare dal campo, senza ascoltare chi suggeriva di rimanere.
Chiamai il mio amico Scognamillo e gli dissi di prepararsi. Dopo aver cenato, come scese la notte, il prosacco in spalla, col napoletano, un valtellinese ed un vicentino, scappammo e ci inoltrammo nel bosco che era poco distante.
Camminammo tutta la notte restando sempre sul limitare del bosco per non perdere l'orientamento. All'alba, su una collina vedemmo una grande baracca e quella fu il nostro traguardo.
La baracca era tutta chiusa, con il portone sprangato, ma riuscimmo con fatica a schiodare un'asse e così entrammo. La baracca era piena di balle di paglia; accostammo parecchie balle vicino alla tavola schiodata affinché nessuno si accorgesse che era stata manomessa, preparammo un giaciglio e ci addormentammo.
Ci svegliammo verso mezzogiorno, salimmo sulle balle di paglia per vedere dove eravamo veramente: da una finestrella si distingueva un paesino, la strada e un ponte su un torrente. Ai lati del ponte si vedevano delle postazioni di cannoni con soldati. Capimmo che di meglio non potevamo trovare. C'era adesso il problema del mangiare e bere. Dalla baracca si intravedevano degli orti cintati con all'interno delle capanne. Pensammo quindi di uscire alla sera per vedere se nelle capanne ci fossero delle patate. Uscimmo all'imbrunire e ci accorgemmo che presso alcuni fossi v'erano delle lumache e ne raccogliemmo parecchie.
Nelle capanne trovammo anche le patate. Così carichi tornammo nella baracca. Ora sorgeva il problema di come cuocere le patate e le lumache. Suggerii che bisognava trovare una latta, della legna e si doveva perciò tornare alle capanne negli orti per trovare quanto ci era necessario. Pertanto io e l'amico napoletano uscimmo, e verso mezzanotte tornammo con quanto ci bisognava. Il giorno dopo al mattino vedemmo che vicino alla baracca c'era un profondo avvallamento; accendemmo il fuoco, cuocemmo le patate, arrostimmo le lumache e ci ritirammo quindi nella baracca (dimenticavo di dire che in una capanna trovammo anche l'acqua che ci servì per cuocere le patate). Passammo tutta la giornata e la notte nella baracca. Il mattino dopo apparve in distanza un carro armato, che pensammo fosse americano. Stava avanzando molto lentamente. I cannoni che erano vicino al ponte cominciarono a sparare, e il carro armato fece allora marcia indietro e scomparve. Non capimmo sul momento il perché della sua ritirata, ma dopo circa mezz'ora arrivarono due aerei americani che scaricarono a più riprese grappoli di bombe vicino al ponte; quando si allontanarono la batteria non esisteva più. Passò così tutta la giornata senza altri attacchi. Andammo a dormire con la convinzione che il giorno dopo saremmo stati liberati.
Durante la notte passarono parecchi soldati tedeschi vicino alla baracca, cercarono a volte anche di entrare, ma trovandola chiusa proseguirono.