Saponette, donne!

Caricati dunque i nostri prosacchi sul carretto, ci avviammo verso la periferia del paese, e lì restammo alcune ore ad attendere la fanteria americana, ma dopo una lunga colonna di carri armati, arrivò una interminabile carovana di camion “dodge” ciascuno con due soldati alla guida e due dietro. Verso sera la colonna dei camion si fermò. Lo Scognamillo si avvicinò a dei soldati americani, trovò altri compaesani. Ci regalarono scatolette di viveri, tavolette di cioccolata, ecc. e ci informarono d'essere loro la fanteria. Ormai s'era fatta sera e ci occorreva trovare un posto per dormire. L'amico napoletano pregò un compaesano di accompagnarci in una vicina cascina di contadini. Infatti, grazie alla presenza del soldato americano, il proprietario ci offerse uno stanzone senza fiatare. Io facevo da interprete in questo caso, e la gioia che ho provato agli obbedienti “Ja” in risposta alla mia richiesta di alloggio non so descriverla. Così la notte la passammo in quella cascina.
Prima di coricarmi uscii dallo stanzone per orinare e vidi poco distante un pollaio. Tornai dai miei amici e chiesi, sia al valtellinese che al vicentino, se erano capaci di tirare il collo alle galline. La risposta fu negativa. Certo che questi due non erano di molto aiuto. Volevo prendere perlomeno due o tre galline; con lo Scognamillo escogitammo un sistema per tirargli il collo.
Preparammo dei pezzi di spago e con un sacco trovato nello stanzone, uscimmo e andammo nel pollaio, stando molto attenti a non far rumore. Le galline erano appollaiate su dei pioli, e riuscivo a prenderle per le zampe. Afferrai la prima e la passai allo Scognamillo che con lo spago le fece un nodo al collo e la mise nel sacco. Questa operazione la ripetemmo tre volte e infine tornammo nello stanzone a dormire.
Partimmo di buon mattino. Dopo un paio d'ore ci fermammo in un prato presso un bosco. Spennammo le galline, accendemmo un bel fuoco e le cuocemmo a lesso. Certo che dopo due anni di rape e patate il sapore di quel brodo e di quelle galline furono una cosa indimenticabile.
Nel primo pomeriggio ci avviammo per fare ritorno al campo di partenza. Dopo un paio d'ore di cammino giungemmo ad un paese alla cui periferia trovammo un pastificio. Ci fermammo davanti al cancello e cercammo di aprirlo. Subito intervenne un tedesco e con la solita prepotenza gridò: “La fabbrica è chiusa, non potete entrare”. Gli risposi con altrettanta fermezza che se non ci apriva immediatamente avremmo chiamato gli americani e gli avremmo anche danneggiato la fabbrica. Non se lo fece ripetere e ci fece entrare, richiuse il cancello e ci portò nel magazzino, dov'erano ammucchiate parecchie casse di pasta: una pasta corta tipo maccheroni. Ne prendemmo due casse perché di più sul carretto non ne stavano, e ce ne andammo. La pasta, sebbene non fosse un granché ci durò parecchi giorni. Tante volte penso a quanto ero deciso in quel periodo.
Alla sera arrivammo al campo e ritrovammo quasi tutti i vecchi compagni. Accanto alla nostra baracca c'era il comando americano della zona. Scognamillo il giorno dopo andò al comando ed anche lì trovo un compaesano (sergente).
Questa amicizia con il sergente ci servì, perché nella vicina stazione v'erano dei carri ferroviari chiusi, che aprimmo con la sua autorizzazione. Un carro era pieno di casse di saponette. Ne prelevammo quattro casse ed usammo il nostro solito carretto per trasportarle. Una cassa la aprimmo in camerata e distribuimmo saponette a tutti i nostri compagni. Una cassa la portai al mio amico tedesco antinazista (ne conoscevo l'indirizzo) per riconoscenza.

Il poveretto non sapeva più come ringraziarmi perché in quei momenti che mancava tutto avere una certa quantità di saponette da barattare era una fortuna. Delle due casse rimaste non sapevamo cosa farne. Un giorno allo Scognamillo venne un'idea e disse: “Perché non andiamo nelle frazioni qui vicino a barattarle in cambio di altra merce?”. “Certo”, convenni, “ma per fare questo occorre il permesso degli americani”. Lo Scognamillo andò a trovare il suo amico sergente, e tanto fece che ci venne concesso il permesso per andare nei paesi vicini. Il giorno dopo al mattino caricammo una cassa sul carretto e partimmo. A metà strada ci fermò una pattuglia della polizia americana (fascia bianca con una P al centro). Noi mostrammo l'autorizzazione scritta, ci dissero “Ok” e se ne andarono.
Il bello venne quando arrivammo nella piazza di questo paesino. Lo Scognamillo dopo aver esposto le saponette sul carretto prese a gridare in napoletano “saponette donne!”. Risi tanto, però il suo richiamo ebbe effetto, perché poco dopo arrivarono delle donne e con loro barattammo quasi tutte le saponette con uova, margarina, patate, sale ed altro che non ricordo. Tornammo al campo felici per la bella giornata passata e per la scorta di alimentari di cui c'eravamo arricchiti.